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Prime Esperienze

Noia al mare 2


di Urcaloca
03.06.2020    |    16.696    |    2 9.6
"Ero decisa a godermi tutto fino in fondo, senza arrivare allo stordimento del giorno prima..."
Cari amici, continuo a proporvi la lettura di alcune pagine del diario di mia sorella quando ancora aveva sedici anni e che ho ritrovato in un vecchio mobile dismesso.

Da qualche al mare il Italia. Estate 2005
Tornando a casa sentivo affiorare le preoccupazioni per quello che avevo appena terminato di fare. Mi ero stata sbattere da un quasi sconosciuto, molto più grande di me, mentendogli sulla mia età e per di più senza usare alcuna precauzione, mi ero lavata accuratamente, certo, ma sentivo il suo sperma appiccicoso nella profondità della vagina. Potevo solo sperare che fosse andata bene.
Entrando nel cancelletto del giardino di casa, mi pareva poi che dovesse da un istante all’altro scattare un allarme. Temevo che quel che avevo fatto mi avesse collocato un lampione rosso sulla testa, ma ovviamente nulla accadde. Papà era in salotto con il telecomando in mano a fare zapping fra le insulsaggini della programmazione estiva e mi salutò chiedendomi distrattamente alcune notizie sulle condizioni del mare e della spiaggia. Risposi altrettanto vagamente.
Poi provai ad entrare in bagno, e vi trovai Lorena, la popputa compagna del genitore, a seno nudo che si spalmava sul seno un qualche unguento rassodante, lo squizz del flacone le aveva irrorato di gocce bianche le zinne. Mi scappò una risatina, pareva sborra, lei intuì i miei pensieri e sorrise- Che stupidina che sei- disse accarezzandomi i capelli
-Scusa finisco subito, facciamo un salto noi al mare, ora che il sole non scotta più-
Rimasi sola a ripensare al pomeriggio appena trascorso, e a cosa avrei fatto l’indomani.
L’indomani ero nuovamente con il cuore in gola diretta verso casa del mio amante. Avevo temuto di dover saltare l’appuntamento; papà si era messo in testa di visitare una città d’arte nei dintorni, rimasi con il fiato sospeso tutta la mattina. Rinunciare all’ appuntamento per arrostirmi in qualche cittadina dell’interno per ammirare qualche crosta in una chiesa mi faceva ribollire di rabbia. Ma poi l’aumento sconsiderato della temperatura fece desistere anche papà, che preferì la siesta con Lorena all’arrampicarsi per le scalinate del borgo prescelto. Ma quanto scopavano quei due!
Camminavo di buona lena e il lungo prendisole che avevo indosso svolazzava sul mio corpo. Sotto non avevo nulla, volevo fargli una bella sorpresa.
Mi venne incontro sul cancello, doveva aver passato la mattina a spiare la strada. Mi fece frettolosamente entrare in casa, aveva evidentemente paura dei vicini pettegoli.
Ma appena chiusa la porta iniziò a baciarmi, io rispondevo ai suoi abbracci con misura. Ero decisa a godermi tutto fino in fondo, senza arrivare allo stordimento del giorno prima. Volevo assaporare ogni momento.
Quando mi fece scivolare il vestito e rimasi nuda di fronte a lui, parve perdere la testa. Era ansioso di esibirsi nel suo pezzo forte, il cunnilingus, esercizio che doveva piacergli moltissimo. Io cercavo di non torcerci troppo e di non serrare le gambe per agevolargli il compito, ma prima che venissi, decise di farmi montare sopra. Fu davvero bellissimo, mi calcavo il cazzo il più possibile nella figa e una volta temetti quasi di avergli schiacciato i coglioni. Poi lui si rizzò abbracciandomi e premendo il suo petto contro il mio. Venne allagandomi nuovamente le viscere e facendo a brandelli i miei propositi di prudenza.
Nella penombra che leniva appena la calura, rimanemmo come assorti uno dell’altra per una mezz’ora. Poi dopo una bibita e una doccia notai la resurrezione della carne. Il suo membro rizzandosi si era automaticamente scappellato e pareva implorare una mano, una lingua, un ventre per godere.
Ma dal volto e dalle manovre delle sue dita sul mio fondoschiena, non pareva che fossero quelle le parti che lo interessavano. Le dita sfioravano il coccige per poi precipitare nel solco fra le natiche e all’altezza del buchino descrivevano un cerchio ogni volta più profondo e prolungato.
Sebbene giovane non ero certo stupida, sapevo benissimo cosa stava per chiedermi, ero forse un po' stupita per la velocità, ma in quel tipo di relazioni vigeva il Carpe Diem.
Quando smise il massaggio e iniziò decisamente a infilare il dito nel culo avevo in sostanza già deciso.
Per inciso nelle discussioni fra amiche, il tema del rapporto anale batteva per frequenza solo l’annosa questione se lo sperma era meglio ingoiarlo o farselo zampillare addosso.
Ognuna aveva un ‘opinione, un consiglio, un’esperienza; per alcune era qualcosa di fantastico ma erano poche, per le altre si andava dal rassegnato, “meglio un pochino di bruciore al culo che discussioni e musi a non finire”.
Altre lo ponevano come premio per ottenere qualcosa, altre erano decisamente ostili e disposte persino a rompere la storia con il fidanzato troppo assillante.
Anche sulla soddisfazione dell’atto le opinioni erano incerte, entravano in gioco troppi fattori; la conformazione anatomica, l’esperienza e capacità della coppia, il sistema di lubrificazione, l’eccitazione e la soglia personale del dolore.
Insomma, ragazze se volete farvi fottere il culo, sono letteralmente cazzi vostri.
Io avevo deciso di saltare il fosso, tanto prima o poi avrei dovuto e quindi perché non con lui?
E così eccomi come milioni di altre prima di me, in timorosa attesa a quattro zampe con l’ano ben esposto.
Alle mie spalle era sparita ogni traccia di romanticismo, pareva di assistere a un complicato esperimento laboratorio. In silenzio, sentivo il mio inculatore prossimo venturo armeggiare col suo pisello, evidentemente aveva qualche dubbio sulla sua erezione. Poi apparve un flacone di plastica con un beccuccio, di certo un gel lubrificante, era quasi vuoto. Evidentemente la sua Peppia era solita ricevere dal retro. Questo mi eccitò e mi irritò al tempo stesso. Come fu irritante sentire il beccuccio della boccetta schiudermi lo sfintere, immaginavo fosse entrata varie volte dentro l’altra e questo mi procurò un brivido insieme al freddo del liquido lubrificante.
Alla fine il countdown pareva essere giunto al termine e il razzo potesse essere finalmente spedito fra le mie chiappe. Mica semplice, appoggiava la cappella e spingeva ma l’olio lo fece scivolare, ora verso l’alto, ora in direzione della figa.
Sentivo il mio Lui dapprima sicuro e poi via via incerto e sempre più arrabbiato.
Alla prima bestemmia compresi che era un peccato rovinare la giornata e mi voltai.
-Su andiamo non è mica la fine del mondo, e solo un’inculata-
-Sei sboccata come una porca-
-E perché mai sarei una porca? Se me lo metti nel culo vuol dire che mi inculi, mi spacchi le chiappe, mi scassi il didietro, mi sfondi l’ano, mi impali col cazzo, mi fracassi le natiche . . . -
Ci mettemmo a ridere, e questo sciolse la tensione, dopo averglielo succhiato abbondantemente mi rimisi in posizione. Cercai di rilassarmi, il pensiero mi corse non so perché alle tette di Lorena, mi chiesi se anche lei si facesse sventrare il culo da mio papà, e se anche la mamma godesse con un cazzo nel culo.
E inculata fu, mentre fantasticavo il mio bravo aveva trovata la giusta inclinazione e la cappella si fece strada dentro di me.
E come diceva sempre Michela: mia amica poco riservata, una volta entrata quella, ti senti i peli delle palle solleticarti la figa.
Avrei riso al pensiero se non fossi interamente rapita da quel che provavo. Niente a che fare con la sensazione delle supposte o di quando ti infili il dito dietro quando ti masturbi, paragoni cui avevo fatto riferimento per immaginare il rapporto anale. Altre dimensioni, altra spinta che determinavano un fastidio senza senso e un dolore montante. Lui aveva poi cominciato a godere e per assecondare le sue pulsioni aveva intensificato il ritmo, cacciai un urlo e lui rallentò, ma quando si fece imminente l’orgasmo perse ritmo e coordinamento, inoltre mentre la sborra saliva dai coglioni mi parve che la cappella decuplicasse le dimensioni e pulsasse come un cuore.
Urlai come una pazza ma il mio strillo si confuse con i latrati di lui che mi depositava lunghi spruzzi di sperma in fondo al retto.
La cosa si era conclusa e quando il cazzo fu fuori, il fastidio tese a diminuire, unica traccia di quanto provato erano le dita rattrappite per lo sforzo fatto nello stringere il cuscino: erano ancora bianche e doloranti per la stretta. Tutto sommato mi facevano più male le mani del resto. Ero entrata nel novero delle rotte in culo, certo per raggiungere Elisa e Marta ne avrei dovuti insaccare di cazzi, ma da qualche parte bisogna pur iniziare.
Passata la trance sessuale, momento in cui mi avrebbe persino sventrata per soddisfare la sua foia, avevo nuovamente al mio fianco un uomo gentile e delicato. Si interessò alle mie condizioni e mi coccolò con baci e carezze.
Ma qualcosa lo preoccupava e, infine lo indussi a mettermi a parte dei suoi pensieri. In pratica la festa stava per finire; il giorno seguente la Peppia e la Micropeppia ( moglie e figlia) sarebbero rientrate dalla breve permanenza a casa di colleghi di lei in un paese a una cinquantina di chilometri.
Oltre al dispiacere di non poter più intrattenersi con me, sotto sotto era preoccupato della mia reazione.
In fin dei conti non mi conosceva affatto, aveva colto l’occasione per scopare, ma non aveva idea di come avrei reagito al distacco.
Io lo guardai cercando di rassicuralo, non avevo nessuna intenzione di creargli problemi. Certo, fosse stato possibile mi sarei fatta ingozzare come un’oca dalla sua minchia anche nei giorni a venire, ma la cosa era bene finisse li. Presto o tardi avrei finito per dirgli che gli avevo mentito sulla mia età, magari questo lo avrebbe fatto incazzare o provocato qualche turbamento; meglio lasciare un ricordo intatto.
Mi disse che magari ci si poteva vedere qualche volta a ferie concluse, ma la sua città era a seicento chilometri dalla mia, per le mie possibilità di movimento lontana quanto la luna.
La storia finiva, o per lo meno lo speravo, dato che anche quella volta mi ero fatta venire dentro una volta e a giudicare della voglia che mi allagava nuovamente la fregna ce ne sarebbe stata presto un’altra.





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